IL MES Coronavirus un’opportunita` per il Meridione d’Italia. il Presidente del MIE Luigi Bille e il Presidente del MIE x Messina Michele Limosani argomentano le ragioni.
Daccordo al 100% con il Prof. Limosani (presidente MIE x Messina). Sostengo, dal suo lancio, che il MES va utilizzato per risanare la sanità nel Meridione d’Italia e ri-costituire un polo sanitario e farmaceutico di ricerca scientifica e innovazione d’eccellenza che porti occupazione e, ad effetto domino, produttività ma soprattutto infrastrutture ospedaliere efficienti e moderne. Capisco perchè qualche politico ringhioso si opponga ma purtroppo non capiscono che con la loro miopia ed egoismo non fanno altro che ostacolare opportunità di sviluppo per il Meridione d’Italia. Avvisi di riflessione al centro destra. ? ?? Luigi Billè (Presidente MIE)
Limosani: “Mes e sanità regionale. Quale modello per la fase post covid 19?”
Limosani: “Mes e sanità regionale. Quale modello per la fase post covid 19?”
Di seguito la riflessione del professor Michele Limosani
La Commissione Europea ha dato il via libera alla nuova linea di credito Pandemic Crisis Support a valere sulle risorse del MES e tutti gli stati membri, da ora in poi, avranno la possibilità di finanziare a basso costo investimenti sanitari enormi senza alcuna condizionalità. Un risultato che rende giustizia di un assurdo e sterile dibattito che ha ammorbato il paese; una ghiotta opportunità per il governo nazionale per aumentare la spesa sanitaria che negli ultimi anni ha subito tagli consistenti. La questione, quindi, non è più tanto quella di prendere questi soldi (sono disponibili circa 37 miliardi per il nostro paese), quanto piuttosto quella di decidere cosa fare con queste risorse. Quali sono le strategie da adottare? Quali sono le priorità? Proviamo, sia pur in modo sintetico, ad affrontare tali questioni.
E’ efficace ed efficiente, dal punto di vista economico e sociale, orientare tutte le future risorse finanziarie e gli sforzi organizzativi sulla gestione delle emergenze sanitarie, sulla terapie intensive e quindi sul potenziamento delle infrastrutture ospedaliere? O, piuttosto, si deve favorire una strategia più “community based”, che limiti al massimo l’ospedalizzazione e sia in grado di produrre una trasformazione profonda della gestione del sistema della prevenzione, del monitoraggio e dei servizi domiciliari alla persona? Una strategia in cui le ASL e la rete territoriale dei medici di base e dei pediatri, le funzioni loro assegnate, le competenze, la tecnologia a disposizione, i modelli di gestione e di organizzazione, diventano questioni rilevanti?
Io non credo che con le risorse future disponibili potremo fare tutto (potenziamento strutture ospedaliere e medicina territoriale); ma se la scelta del governo regionale fosse quella di riprendere i 270 progetti infrastrutturali rimasti incompiuti, allora la direzione sarebbe già segnata e non coglierebbe il nodo del problema, e cioè la necessità di investire in prevenzione. Una seria e approfondita analisi del modello di gestione della sanità regionale, scevra dalle “pressioni” -anche legittime- che provengono dagli interessi organizzati, si rende necessaria. In questa prospettiva ci aspettiamo dalla politica regionale un contributo che non può limitarsi alla discussione sulle mascherine e sui tamponi (cosa peraltro buona e giusta), soprattutto quando ad essere in gioco c’è la salute dei cittadini.